Per Riace contro il Decreto Sicurezza. La posizione pubblica degli Antropologi Italiani


Quella di Riace è senza dubbio un’esperienza significativa e il trattamento di cui è stata oggetto in queste ultime settimane da parte delle istituzioni – insieme agli argomenti che sono stati sollevati dalle diverse parti in causa – dovrebbero indurre a una riflessione più generale sul contesto sociale e politico attuale e sulle mistificazioni, confusioni, distorsioni che si addensano minacciose su tutti e risultano distruttive per coloro che rappresentano le frange più deboli della popolazione.

Se è vero che i princìpi fondamentali della democrazia, in Italia come altrove, sono soggetti a continua erosione, allora la questione da affrontare seriamente è se misure come quelle adottate per lo Sprar di Riace siano compatibili con uno stato di diritto non ridotto a mera declamazione. Anche comparandole con quanto ordinato in altri casi riferiti a strutture di accoglienza – dove non sono state previste chiusure immediate o trasferimenti pur in presenza di reati contestati più gravi rispetto alle (ad esempio: frode in pubbliche forniture) “palesi irregolarità” che si sarebbero rilevate a Riace – ci chiediamo se quel “chi sbaglia, paga” nelle dichiarazioni del Ministro non nasconda un’elevata discrezionalità da parte degli organi dello Stato nell’azionare gli strumenti amministrativi e penali, salva poi la verifica giudiziaria di quanto eccepito.

 

Solidarietà al Sindaco di Riace

Riace, con la sua strutturata e non ordinaria esperienza, ha proposto e realizzato nel tempo una possibilità, certo non senza difficoltà e contraddizioni, ma saldamente ancorata a una modalità di affrontare le migrazioni oltre i sistemi di accoglienza retti da una logica separatista, invalidante, rieducativa, di contenimento e controllo. Ci sembra che l’idea centrale sia stata la necessità di frenare il processo di decrescita e spopolamento per creare nuove opportunità: nei confronti di un territorio quasi abbandonato e dei suoi pochi abitanti, e verso persone dalle biografie drammatiche ma con energie giovani e retroterra culturali che potevano rappresentare un’occasione di rinnovamento per il contesto territoriale. Un tentativo quindi per far accordare i bisogni del tessuto locale con le risorse dei nuovi abitanti e viceversa.

LA PETIZIONE DEGLI ANTROPOLOGI UNITI

Non è nostra intenzione addentrarci nei dettagli dei rilievi sollevati a seguito delle ispezioni amministrative e dei procedimenti giudiziari, ma riteniamo urgente chiedersi pubblicamente se la destituzione di Mimmo Lucano dalla sua carica di sindaco, l’esilio forzato dalla sua città, la chiusura dello Sprar e l’ordine di trasferimento in soli due mesi di tutti i migranti nel programma non siano sproporzionati rispetto alle irregolarità amministrative rilevate, e alla gravità delle contestazioni mosse dagli organi requirenti che si sono occupati del caso sul piano penalistico.

Si rende necessario, allora, richiamare la distinzione tra una concezione sottile (più attenta alla dimensione tecnico-formale) e una concezione spessa del diritto (che guarda ai valori tutelati, più che alla lettura tecnica delle norme). È chiaro che la Costituzione – a cui Mimmo Lucano ha fatto riferimento citandone in primo luogo l’art. 10 – si ispira alla seconda concezione, che palesemente dovrebbe guidare la riflessione pubblica sulla questione. In questo senso, l’importanza di rispettare lo spirito della Costituzione diventa prioritario rispetto all’agenda (per sua natura transitoria) di un governo politico, come il sindaco di Riace afferma attraverso i suoi atti e le sue parole. Al contrario, ci sembra che proprio giocando sul filo di scelte interpretative comprensibili solo da “addetti ai lavori”, nell’ambito di una concezione sottile del diritto, si siano ricamate trame strumentali per coprire priorità ideologiche e politiche.

Su un piano etico, legato meno alla norma giuridica e più alla regola sociale, si avverte un profondo senso di ingiustizia nell’assistere alla demolizione di uno dei casi più preziosi di convivenza costruttiva, creativa, produttiva e duratura tra residenti di lungo periodo e nuovi abitanti (richiedenti asilo e rifugiati). Grazie a questa inedita configurazione sociale, il territorio di Riace ha vissuto una rinascita, ha contrastato gli insediamenti mafiosi, ha creato nuove collettività sociali e realtà produttive.

 

Le associazioni firmatarie

Società italiana di Antropologia Applicata (SIAA)

Società Italiana di Antropologia Culturale (SIAC)

Società Italiana per la Museografia e i Beni Demoetoantropologici (SIMBDEA)

Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia (ANPIA)

 

 

 

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